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Come i figli vivono la separazione dei genitori? Cosa fare e cosa non fare.

Come i figli vivono la separazione dei genitori? Cosa fare e cosa non fare.

La separazione dei genitori 

La separazione dei genitori, per quanto considerata uno degli eventi di vita più stressanti per ogni membro della famiglia, non produce di per sé psicopatologie nei soggetti che si trovano a viverla, e al riguardo esiste ormai un accordo scientifico comune.

Come ogni evento della vita, la separazione dei genitori si manifesta come un cambiamento nella maggior parte dei casi doloroso e come tale produce svariati effetti. Numerosi studi dimostrano infatti come, all’interno di alcuni nuclei familiari, l’evento riesca addirittura a portare effetti benefici su ogni individuo.

 

Le conseguenze della separazione sui nostri figli

Può accadere che durante le prime tappe della separazione compaiano (soprattutto nei bambini dai tre anni in su) sintomi “regressivi” (ovvero tipici di età precedenti) quali l’enuresi notturna, la paura di dormire da soli, risvegli notturni frequenti, capricci al momento dei pasti, rabbia verso uno o entrambi i genitori, rifiuto di studiare o fare i compiti e così via.

Nei ragazzi più grandi possono invece comparire atteggiamenti di ribellione o provocazione. Tipico è il tentativo negli adolescenti di inserirsi nello spazio creato dalla separazione per fare cose che prima non erano concesse. Questo perché cercano nel “trauma” l’alibi per uscire dagli schemi precedenti e trasgredire le regole prestabilite.

Tutte queste espressioni di disagio emotivo non vanno confuse con disturbi veri e propri. Il malessere vissuto dai nostri figli rappresenta una prima reazione al cambiamento e al turbamento innescati dalla notizia della separazione. Non sono necessari particolari interventi risolutivi. Si osserverà a breve un ristabilirsi dell’equilibrio precedente che, con un po’ di calma e regole, non può non tornare.

I passaggi per superare la sofferenza

Trattandosi di un evento prevalentemente doloroso, esso comprende fasi “sane” di adattamento e integrazione a una nuova situazione. Esse possono assomigliare molto a quelle di elaborazione di un lutto.

Le fasi di elaborazione sono:

  1. Prima fase di negazione o rifiuto.  Soprattutto i bambini, non riuscendo ad accettare l’idea di “perdere” uno dei due genitori, possono isolarsi, evitare di parlarne e comportarsi come se non stesse accadendo nulla.
  2. Rendendosi conto dell’inevitabilità della situazione, i figli possono successivamente manifestare rabbia. Questa può essere rivolta verso uno o entrambi i genitori; verso le sorelle e i fratelli; i coetanei; i compagni di scuola; gli adulti con cui si rapportano quotidianamente. Non è raro che in questa fase il rendimento scolastico sia bassi. Aumentino i capricci e le lamentele riguardo a piccoli fatti o accadimenti di ogni giorno.
  3. Superata questa fase, molti bambini pensano di poter fare qualcosa per riavvicinare i genitori. Inizia la fase di negoziazione. Attraverso un cambiamento comportamentale negativo (ad esempio il ricatto emotivo) o positivo (ad esempio l’alleanza manipolatoria), i bambini cercano di creare un avvicinamento tra i coniugi, vivendo poi come sconfitta il mancato obiettivo.
  4. La fase di depressione ne è la conseguenza diretta. Dopo aver preso piena consapevolezza di ciò che sta accadendo e dell’impossibilità di evitarlo, il bambino può mettere in atto comportamenti apparentemente depressivi, connotati da tristezza e talvolta pianto.
  5. Per quasi tutti i bambini arriva il momento dell’accettazione. Col passare del tempo, infatti, la maggior parte dei bambini riacquista l’equilibrio. Si assesta nella nuova situazione familiare, sperimentando sentimenti di conferma e accoglimento affettivo.
  6. Talvolta può accadere che qualcosa interrompa questo processo sano di risoluzione del dolore. Anziché ripristinarsi un nuovo equilibrio, possono emergere disturbi psicologici a cui, nel tempo, i soggetti coinvolti non sono riusciti a porre rimedio.

Benessere dei nostri figli: meglio separarsi o rimanere insieme?

Numerose ricerche riportano una stretta correlazione tra conflitto tra genitori (uniti o separati) e malessere psicologico dei figli. Esse mettono in luce che, quando i genitori sono in conflitto, i figli spesso hanno problemi emotivi e comportamentali. E’ bene sottolineare che il fatto che i genitori siano insieme o separati ha poca influenza sul loro benessere psicologico. Sembrerebbe quindi che “separarsi bene”, rimanendo in armonia in un clima di collaborazione, escluda la possibilità di intoppi nella evoluzione psicologica dei figli.

La separazione, in alcuni casi, rischia di fare esplodere aspetti talvolta psicopatologici in soggetti ritenuti in precedenza equilibrati. La frattura della famiglia genera un turbamento negativo che porta disagi psicologici (transitori o prolungati) e possono far mettere in atto comportamenti che all’epoca del matrimonio non si sarebbero neppure immaginate. Divorziare psicologicamente e continuare a essere un genitore nel vero senso della parola diviene troppo difficile quando prevalgono sensazioni quali rabbia, dolore o paura.

La sociologa Christine Carter, dell’Università della California, sostiene che non è tanto lo stare insieme o il divorziare che influenza in un modo o nell’altro la crescita dei bambini, quanto la qualità della relazione.

Che si rimanga insieme o meno, l’importante è curare delle relazioni sane. È l’esposizione dei bambini a conflitti, litigi, dispetti a causare i problemi. In altre parole: che stiano insieme o no, genitori infelici creano bambini infelici.

E se il figlio si allea con uno dei genitori?

L’alleanza è un meccanismo spontaneo, diffuso in tutte le famiglie, anche quelle intatte.

Nei casi di conflitto che precedono e accompagnano una separazione , le alleanze sono ancora più presenti. Possono sostenere, influenzare, ostacolare, ricattare o avvicinare (Gulotta 2008).

Può accadere che durante la separazione, il figlio si allea con il genitore visto come sofferente. Quasi come se fosse contagiato da questo dolore e da questa rabbia. Si tratta di una posizione apparentemente autonoma di disprezzo, rabbia e rifiuto nei confronti dell’altro genitore che, percependosi come vittima, diventa a sua volta carnefice.  Il genitore che giunge in terapia a questo punto, si mostra comunque sconfitto dall’unica cosa in grado di metterlo con le spalle al muro: la sofferenza dei figli, poiché la propria è stata gestita male. Non si può infatti pensare di far crescere un figlio nell’odio verso l’altro genitore (meritato o meno) senza subirne le conseguenze.

In altri casi si tratta di genitori che vivono profondi stati di depressione. Si sentono “abbandonati” dai figli, non più bambini, che hanno deciso di salvarsi e lasciare il campo di battaglia. Sono genitori che, in favore di una momentanea alleanza, si trovano a dover affrontare tale mancanza.

Cosa fare e cosa non fare in caso di separazione: alcuni consigli pratici

E’ sempre opportuno parlare ai propri figli dicendo loro la verità sulla vicenda separativa che sta vivendo, utilizzando un linguaggio comprensibile per la sua età.

La comunicazione della separazione dovrebbe essere fatta dai due genitori insieme, a rimarcare che è salvaguardata la continuità dell’esistenza della coppia genitoriale, unita nell’affrontare la crisi nell’interesse del benessere del bambino. Tale comunicazione deve avvenire quando i tempi sono maturi. Il momento migliore è quando la decisione è stata agita da un reale allontanamento dal tetto coniugale.

Dimostrate entrambi al bambino il vostro affetto. Rassicuratelo sul fatto che la decisione di vivere separati non cambia l’amore che avete entrambi per lui. Se il bambino è piccolo, cercate di coccolarlo comunque di più, poiché ha ancora bisogno di percepire emozioni positive dal contatto diretto con mamma e papà.

Il sapere che è possibile parlare liberamente è il primo passo che consente ai nostri figli di esprimere le proprie emozioni e all’adulto di riconoscerle e farle riconoscere. Il figlio/a deve sapere che la propria mamma e papà saranno sempre i suoi genitori, anche se il matrimonio finisce e non vivranno più tutti insieme.

Spiegategli che la separazione è interamente frutto della vostra decisone e che lui non ne ha alcuna responsabilità.  Eviteremo che si crei falsi sensi di colpa. Provate a vedere se anche a scuola gli insegnanti possono discutere su questo argomento, qualora in classe ci siano altri bambini nelle stesse condizioni. Vostro figlio si sentirebbe meno isolato e si vergognerebbe di meno.

Spiegategli che la decisione di separarvi è una cosa definitiva. Molti bambini credono di poter far riconciliare i genitori e si illudono che la separazione sia solo temporanea. Questo li può impegnare in continui sforzi, illusioni e delusioni. Mettete in chiaro che la vostra decisione è irreversibile.

Consentite che il bambino nutra affetto per entrambi i genitori, evitando di screditare o denigrare l’altro genitore. Parlate a vostro figlio dei lati buoni dell’altro genitore, anche a costo di reprimere i vostri sentimenti di rabbia.

Non cercate l’alleanza o la complicità del bambino contro l’altro genitore. Evitate di istigarlo contro di lui/lei atteggiandovi a vittime. Inoltre, evitate di usare i figli come giudici o arbitri dei vostri comportamenti sollecitando da loro un’opinione su chi dei due genitori abbia ragione o torto. Evitate, infine, di usarli come messaggeri, spie o testimoni contro l’altro, ad esempio sottoponendoli a interrogatori su ciò che ha fatto o detto l’ex-coniuge.

Non mettetevi a litigare in modo violento in sua presenza. I bambini, specie figli di separati, si agitano e si preoccupano molto se vedono i genitori litigare violentemente. Cercate di non alzare la voce in modo eccessivo in loro presenza e di non alimentare i vostri contrasti rinfacciandovi in continuazione le reali o presunte “colpe” che sarebbero alla base della fine del matrimonio.

Fate in modo che vostro figlio veda regolarmente il genitore non affidatario. Il bambino ha bisogno sia della madre che del padre: egli potrebbe vivere la separazione come una situazione in cui un genitore lo abbandona. Evitate che questo succeda, dando la possibilità all’altro coniuge di passare dei periodi col figlio. Tali momenti dovrebbero essere regolari e frequenti e dovrebbero durare almeno un’intera giornata in modo da permettere un contatto più lungo e costruttivo tra bimbo e genitore. Rispettate le cadenze delle visite previste, per non deludere le sue aspettative; dategli anche la possibilità di telefonare all’altro genitore quando lo desidera, fornendogli il numero di telefono.

Mantenete la comune responsabilità genitoriale. Non prendete decisioni veramente importanti sui figli (salute, scuola, tempo libero) senza consultarvi e, se possibile, accordarvi, con l’altro genitore.

Rispettate le regole che il bambino ha precedentemente appreso. Se il bambino è stato abituato a delle regole, cercate di essere coerenti anche dopo che vi siete separati. Evitate eccessiva indulgenza nei suoi confronti. Non concedetegli facili privilegi. Evitate di attirarlo dalla vostra parte con regalini o concessioni: aumenterebbero il suo disorientamento e rischiereste di viziarlo.

Fatevi aiutare dai nonni. Spesso la famiglia di origine è una risorsa quando si rimane soli con un bambino e mancano gli aiuti sia economici che morali. Tuttavia, cercate di rimanere voi i responsabili della disciplina e del comportamento del bambino. I nonni potrebbero essere troppo permissivi e viziare il nipote. Inoltre chiedete loro di non fare commenti sul vostro ex-coniuge davanti al bambino. Questi commenti sono negativi e colpiscono oltre che il papà (o la mamma) anche lo stesso bambino. Crescerà meno fiducioso. Potrebbe convincersi di dover essere come lo vogliono gli altri e non come sarebbe opportuno per le sue doti e potenzialità.

Non inibite in vostro figlio i ricordi positivi del suo passato con uno, l’altro o entrambi i genitori. Accettate che riemergano anche i ricordi negativi, aiutandolo a collocarli nella sua storia.

Cercate le modalità e i tempi più adatti a vostro figlio per presentargli un eventuale vostro nuovo partner. Non presentatelo come futuro genitore. Non mettete in competizione l’altro genitore e il nuovo partner. Piuttosto adoperatevi perché tra quest’ultimo e vostro figlio si stabiliscano buoni e affettuosi rapporti.

Se i rapporti con l’altro genitore sono sufficientemente tranquilli, cercate di stare tutti insieme in occasione di feste, compleanni, comunione, incontri con la scuola, gare sportive e in tutti gli altri eventi che vedono vostro figlio in qualche modo protagonista. Ciò aiuta il bambino a mantenere la sicurezza del possesso dei suoi due oggetti d’amore; di fronte agli amici, inoltre, egli si sentirà più rafforzato con la presenza di entrambi i genitori

Fonte: www.mammaepapa.it

 

Per approfondimenti:

Nardone G. “ Aiutare i genitori ad aiutare i figli”, Ponte alle Grazie