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Depressione: mi illudo-mi deludo-mi deprimo. Uscirne in tempi brevi.

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DEPRESSIONE

Il termine depressione è sicuramente il più usato e abusato degli ultimi vent’anni, poiché attraverso di esso si indica una serie di differenti stati dell’umore di una persona.

La depressione, nel Novecento definita “male oscuro”, è probabilmente la più discussa tra le patologie psichiche. Il dibattito sulla natura organica oppure acquisita della depressione è sempre accesa. Oggi sembra che ne soffrano 17 italiani su 100.

Osservando la depressione da un’ altra ottica è inevitabile che una persona nel momento in cui si trovi ad affrontare una situazione particolarmente stressante e dolorosa reagisca manifestando sintomi quali:

  • mancanza di sonno, di appetito, di attenzione
  • apatia (non avere voglia di fare niente)
  • ritiro dalla vita sociale
  • incapacità di provare piacere

Questi sintomi sono naturali reazioni a eventi e situazioni problematiche. Spesso la medicina, volta a voler inibire qualsiasi forma di sofferenza, trascura che essa è parte integrante della nostra natura.

Depressione: nuove scoperte

Attraverso la ricerca intervento svolta al Centro di Terapia Strategica di Arezzo, si è arrivati ad individuare come la depressione sia quasi sempre secondaria e conseguente ad un evento traumatico (per esempio ad un lutto o ad una separazione o ad un altro tipo di patologia).

E’ facile che la persona affetta, ad esempio, da un disturbo da attacchi di panico molto invalidante possa arrivare a sviluppare un senso di difficoltà e di incapacità tali da assumere le forme di una vera e propria depressione grave; d’altro canto l’incapacità a costruire delle buone relazioni interpersonali, a interagire adeguatamente con l’ambiente esterno porta inevitabilmente a chiudersi.

Ci si isola rinunciando alla vita sociale perché percepita come un sistematico fallimento.

Se non ci riesco, ci rinuncio!

Ad un certo punto, succede qualcosa che mai ci si sarebbe aspettato. Di conseguenza questo qualcosa viene vissuto come irrimediabile e catastrofico.

Prendiamo ad esempio il caso del tradimento di un amico o un insuccesso lavorativo. Possono costituire delle circostanze intollerabili là dove esista, da una parte, la rigida illusione dell’amicizia come eterna fedeltà e, dall’altra, l’assoluta convinzione di non poter sbagliare mai. Ciò genera un senso di avvilimento. Non riusciamo più a ricostruire una nuova più adeguata modalità di leggere la realtà. Questo ci getta nell’abisso più profondo. Ci percepiamo vittime di un mondo ingrato, crudele e di una realtà immodificabile.

Come si manifesta la depressione?

Lungo il sentiero della vita, ognuno di noi costruisce, sulla base di esperienze personali, credenze attraverso le quali interpretare gli avvenimenti esterni ed agire.

Vediamo nello specifico quali sono gli atteggiamenti che caratterizzano lo stato depressivo:

  • la rinuncia. Quando qualcosa ci colpisce e ci ferisce, ponendoci di fronte alla realtà di non poterci fare nulla, è facile gettare le armi. Se il nemico è troppo forte, arrendersi sembra la soluzione più ovvia. L’attenzione è rivolta solo a ciò che non va. Come risultato della sensazione di impotenza, ci convinciamo che non sappiamo reagire. Ed è una profezia che inevitabilmente si avvera. Rinunciare diventa allora la prova concreta dell’impotenza. Si constata che il mondo è meraviglioso per gli altri o è talmente “marcio” da voler chiamarsi fuori da esso.
    Il problema è che spesso per una battaglia persa decidiamo di rinunciare a tutta la guerra. Oppure, quando in quella guerra è stata sancita la nostra sconfitta, ci arrendiamo alla vita intera.
  •  la delega delle responsabilità ad altri, il far fare agli altri. Ovvio che gli altri, dato che ci vogliono bene, sono pronti a fare per noi anche le piccole cose. Ma ogni qual volta si sostituiscono a noi è come se ci confermassero che noi non siamo in grado. Ciò non fa altro che consolidare la credenza di essere incapaci, alimentando uno stato di frustrazione e depressione.
  • il vittimismo, ossia il lamentarsi con tutti coloro che ci stanno intorno. Uno degli scopi della lamentela è quello di avvicinare le cure e le attenzioni degli altri. Ma c’è un limite di sopportazione. Non possiamo pretendere che ascoltino le nostre lamentele per lungo tempo: alzeranno delle difese protettive. E più forte strilleremo, più alte si faranno le loro difese. E noi ci sentiremo ancora più soli e incapaci.

Mi illudo-mi deludo-mi deprimo

Spesso la formazione della depressione, quando non è in relazione con un lutto, una perdita, un abbandono o un trauma, segue la struttura:

         illusione – delusione – depressione

La condizione del depresso è spesso una delusione per il mancato raggiungimento di un obiettivo che si era illuso di poter raggiungere, sia esso un problema da risolvere, o il risultato di una frustrata aspettativa sugli altri, su se stessi o sul mondo.

Uscire dalla depressione in tempi brevi

La Terapia Breve Strategica utilizza un protocollo specifico per ciascuna delle varianti della depressione. Dapprima si guida la persona a riconoscere tutti i comportamenti che, invece di migliorare, hanno peggiorato il problema. Poi, attraverso tecniche appositamente studiate, si cerca di guidarla a “rinunciare alla rinuncia”, abituandola gradualmente a prendere un po’ di più in mano la propria vita.
Contemporaneamente si lavora per elaborare la rabbia e il senso di impotenza, emozioni spesso molto forti nella persona depressa.

Inoltre si porta gradualmente la persona ad affrontare tutte quelle situazioni che fino ad oggi ha evitato per paura, per sensazione di non farcela, per disinteresse, a cominciare dalle più quotidiane e meno spaventose.

I familiari come devono comportarsi?

Si è riscontrato che con queste persone un atteggiamento consolatorio è la tentata soluzione che alimenta il problema. Allo stesso modo, il cercare di sdrammatizzare una situazione da loro vissuta come altamente dolorosa produce incomprensione e rabbia.

In terapia è utile coinvolgere non solo il paziente, ma anche le persone intorno a lui, ovvero familiari e partner. Usualmente si guidano i familiari a fornire al depresso uno spazio prefissato dove concentrare le sue lamentazioni. Ma al di fuori di tale rituale terapeutico, dovrà evitare qualunque discorso relativo ai suoi disagi. Una volta interrotte le tentate soluzioni relazionali, si guida la persona a riattivarsi a piccole dosi. Se il paziente è particolarmente resistente o nel corso della sua vita ha collezionato numerose delusioni, lo si indurrà a raccontarle sotto forma di racconto scritto, in modo da aiutarlo a veicolare le proprie emozioni in una narrazione dal grande potere terapeutico.

 

Percentuale di successo al trattamento

Ad oggi si registra una percentuale di successo sui casi di depressione intorno al 75%.

Il modello strategico ha osservato la depressione da un punto di vista pragmatico, individuandone il funzionamento e mettendo a punto tecniche e protocolli cuciti su misura per ogni singolo caso.

Quello che si è scoperto è che spesso, a differenza di tutti gli altri disturbi, la depressione è il risultato di un’altra patologia sottostante. A testimonianza di ciò sta il fatto che, una volta curata la depressione, spesso si giunge al vero nocciolo del problema, coperto dai sintomi del disturbo depressivo.

Con questo non si vuole intendere che sia opportuno andare a cercare le cause della depressione, bensì il sistema percettivo reattivo sottostante che porta agli atteggiamenti che la caratterizzano: la rinuncia allo svolgimento di qualsiasi tipo di attività, la delega delle responsabilità ad altri e il vittimismo, responsabile della presa in ostaggio di tutte le persone che interagiscono con il soggetto depresso, il quale alterna continuamente il ruolo di vittima a quello di aguzzino.

 

La molla per il cambiamento sarà quella di schiodare la persona dalla posizione di vittima. Lo scopo è farle sentire come, essenzialmente, la rinuncia sia un “suicidio quotidiano”.

Per evitare la vittimistica reazione al crollo delle illusioni, è bene ricordare, come affermava F. Kafka che saremmo

<<…come colui che è stato condannato per una colpa che non ha, ma che egli ha confessato. Dalla cella vede che stanno costruendo un patibolo nel cortile. E’ convinto che sia per lui. Nottetempo riesce a scappare dalla cella, corre nel cortile, sale sul patibolo e si impicca da solo.>>

 


Per approfondimenti:

Giorgio Nardone, 2007, “Cambiare occhi toccare il cuore”, Ponte alle Grazie, Milano, Collana Saggi di Terapia Breve diretta da Giorgio Nardone
Muriana E., Verbitz T., 2006, “I volti della Depressione”, Ponte alle Grazie, Milano, Collana Saggi di Terapia Breve diretta da Giorgio Nardone
Nardone G., Psicotrappole. Ponte alle Grazie 2013.