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Bulimia: l’unica cosa a cui non posso resistere sono le tentazioni!

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Bulimia: come riconoscerla

La Bulimia è il disturbo alimentare senza dubbio più frequente in tutte le sue forme variegate.

La Bulimia letteralmente significa “fame da bue”. Consiste nell’ingerire grandi quantità di cibo, anche senza essere affamati, con il conseguente aumento esponenziale del peso corporeo.
Questa patologia è caratterizzata dall’irrefrenabile compulsione a mangiare, dovuta non tanto alla fame quanto al desiderio sfrenato della consumazione del cibo.

Le persone arrivano a mangiare qualunque cosa per il piacere di ingozzarsi. Come nel caso di una paziente che, non avendo più nulla in dispensa, divorò alcuni panetti di burro rimasti come ultima risorsa in frigorifero. Un’altra divorò tutte le riserve di omogenizzati destinati al figlioletto poiché non era rimasto nulla per soddisfare la sua irrefrenabile voglia di mangiare. Fino al caso di un giovane uomo che passava le sue giornate tra incredibili abbuffate e prolungate “sieste” in una sorta di perpetua sequenza sia di giorno che di notte.

Compotamenti sintomatici della Bulimia

I soggetti affetti da bulimia nervosa solitamente si vergognano delle loro abitudini alimentari patologiche e tentano spesso di nasconderle. Le crisi bulimiche avvengono in solitudine, dove non possono essere ed in segreto.

L’episodio può essere più o meno pianificato, ed è di solito caratterizzato dalla rapidità dell’ingestione del cibo. L’abbuffata spesso continua finché l’individuo bulimico non si sente “così pieno da star male”. Manifesta stati di umore negativo; condizioni interpersonali di stress; intensa fame a seguito di una restrizione dietetica; sentimenti di insoddisfazione relativi al peso, la forma del corpo o il cibo.

Una crisi di bulimia è inoltre accompagnata da sensazione di perdita di controllo. La perdita di controllo associata alle abbuffate, però, non è assoluta. La persona bulimica può continuare l’abbuffata a dispetto del telefono che squilla. Ma è anche pronto ad interromperla bruscamente, se il coniuge o il compagno, si avvicina a dove si sta consumando l’abbuffata.

Tre forme di Bulimia:

  • Coloro che mangiano incessantemente senza mettere in atto vere e proprie abbuffate; Arrivano in terapia perché costretti dal medico e/o dal dietologo per via di problemi di salute dipendenti dall’eccessivo peso
  • Coloro che alternano periodi di abbuffate a periodi di dieta ben riuscita, con conseguente perdita e acquisizione di peso;alternano momenti di grande fiducia nelle proprie capacità a momenti di scarsa autostima, per cui l’umore è fortemente condizionato dal rapporto con il cibo-peso.
  • Coloro che usano il cibo come compensazione a delle mancanze o come protezione da relazioni che non si sentono in grado di sostenere. Il grasso protegge da sensazioni “pericolose” in quanto rende meno desiderabili;

 

Bulimia: risolverla in tempi brevi

La Psicoterapia Breve Strategica per questo tipo di disordine prevede strategie differenti a seconda della tipologia di bulimia. Lo scopo in tutte e tre le forme di Bulimia sarà lo sblocco del circolo vizioso e un sano riequilibrio alimentare stabile e duraturo nel tempo.
In generale, la ricerca sull’efficacia del trattamento mostra che circa il 91% dei casi trattati ha completamente risolto il proprio problema.

 

Un metodo efficace per imparare ad avere un sano rapporto con il cibo: la Dieta del Piacere

Saltare i pasti è un sacrificio inutile. Dieta non significa sottrarre cibo all’alimentazione, dieta è modo di vivere, muoversi, mangiare, dormire e quanto altro caratterizzi lo stile di vita.
Quasi tutti hanno provato almeno una volta nella vita a seguire una dieta, raggiungendo i risultati più disparati. Il più frequente? Ottenere un successo temporaneo per poi riacquistare i chili persi e talora anche con gli interessi.

Molti sono gli errori, presenti in campo alimentare, per mistificazioni consumistiche, per fattori psicologici, per disinformazione, per pregiudizi. Si ricorre spesso a “Diete Bizzarre” si colpevolizza ingiustamente il cibo come causa di disturbi di tutt’altra origine e natura. In realtà, sono molte le difficoltà che riguardano la questione “dieta” ma di tutte le più importanti sono due:

1. L’impossibilità di riuscire a seguire un programma alimentare restrittivo
2. Nel caso di una dieta riuscita, il mantenimento del peso raggiunto

Dieta  =  Privazione  =  Mortificazione

Perché le diete spesso non funzionano?

Ciò che rende fallimentare le diete è che queste si basano sull’idea del controllo, delle limitazioni e del sacrificio. Di conseguenza, prima o poi, diventano insopportabili poiché vanno ad interferire pesantemente con la sensazione fondamentale su cui si basa il nostro rapporto con il cibo: IL PIACERE.

Il comportamento alimentare è complesso, poiché dipende da più fattori: impulsi olfattivi, impulsi visivi, impulsi sensoriali ed impulsi emozionali. La decisione se mangiare o meno deriva da segnali neuro-chimici: i centri integratori sottocorticali bilanciano questi input. Il piacere, inoltre, ha basi bio-psicologiche. Il desiderio di un determinato cibo è biologico quando ne abbiamo bisogno.  

Cibo = Soddisfazione = Premio = Gratificazione = Consolazione

Sin dall’ infanzia,infatti, l’alimento viene percepito come premio per un buon voto, la giusta fine di un pasto completo, lo snack pomeridiano o spesso l’unico piacere di una giornata faticosa. Pertanto l’astinenza e/o la restrizione dal mangiare cibi “peccaminosi” è dettata dal solo dovere.

Dieta: il controllo che fa perdere il controllo!

Durante il periodo di restrizione alimentare ed anche dopo, possono emergere diverse reazioni, più o meno razionalmente comprensibili. Ma tutte con un denominatore comune: “il tentativo di controllo che conduce alla perdita di controllo”. Tanto è vero che quando si decide di seguire una dieta, si decide di privilegiare il dovere, ovvero l’aspetto razionale, cercando di non tenere conto dei propri istinti primitivi.

Eppure, da decenni, gli studi sulla nostra mente hanno dimostrato come questa sia un tutt’uno con le nostre sensazioni più primitive. Esse vanno gestite e non represse. Altrimenti dalla “lotta” tra volontà e istintività possono emergere squilibri spesso responsabili non solo di incapacità personali, ma anche di severe patologie.

 

Le diete magiche non esistono

E’ inutile continuare a seguire diete “magiche” come se la soluzione fosse solo questa, conta delle calorie, grammi dei cibi, cibi si e cibi no, ed altro, il tutto senza tenere conto degli aspetti  psicologici del rapporto con il cibo, che provocano invece i danni maggiori. La convinzione che se mi lascio andare al piacere sono destinato ad ingrassare è un pregiudizio razionalista da smontare. La sensazione del piacere vuole, dunque, essere il fondamento di un programma alimentare. Questo è il principio su cui si basa la “dieta del piacere” che il mio intervento propone.

Il punto fondamentale su cui si basa la dieta del piacere è “ se me lo concedo, posso rinunciarvi”. In altre parole, chi si astiene amplifica il desiderio da cui si è astenuto. Chi si concede il piacere di ciò che desidera dopo un pò non lo desidera più così tanto. Se applichiamo questa evidenza dei fatti, ne deriva che se mi concedo ciò che mi piace, dopo un po’ questo cessa di piacermi così tanto e potrò rinunciarvi senza fatica e senza restrizione.

Il primo passo per la costruzione di una dieta efficace è concedersi i cibi più desiderati. Solo così li rendiamo gradatamente meno attraenti e travolgenti. La ricerca della qualità del piacere permette di gestire il controllo della quantità, poiché non solo elimina la frustrazione derivante dalla limitazione ai cibi ritenuti sani perché dietetici, ma orienta alla degustazione di ciò che ci piace di più.

La dieta del piacere vuole essere, pertanto, un aiuto per chi ha voglia di tentare soluzioni nuove liberandosi così dalle trappole psicologiche delle classiche diete.



“ la dieta è l’unico gioco che si vince quando si perde”