La tendenza dell’essere umano a trovare una spiegazione logica a tutto, anche a quesiti che dovrebbero essere lasciati cadere per la loro stupidità, può diventare una trappola pericolosa. I dubbi gestiti individualmente sono in grado di scatenare sofferenze talvolta estreme fino a condurre all’instaurarsi di un vero e proprio disturbo: il dubbio patologico.
Il dubbio patologico è una forma di disturbo ossessivo caratterizzato dalla presenza di domande alle quali la persona cerca di dare una risposta mediante un ragionamento razionale, senza però trovarne una certa (es. avrò fatto bene o avrò fatto male?).
Questo continuo cercare di ragionare porta inevitabilmente la persona ad aumentare il numero delle possibilità domanda-risposta. Tale meccanismo genera una catena di dubbi, sino al punto che ci si trova immobilizzati nella propria ragnatela di pensieri. Risultato? Non si trova mai una risposta soddisfacente!
In molti casi, infatti, il dubbio patologico è così invalidante che la persona rimane ore ed ore nel proprio labirinto di domande e risposte, pensando più volte al giorno sempre alla stessa cosa.
Un tipico esempio di come funziona il dubbio patologico potrebbe essere il seguente: la persona di fronte ad un problema psicologico potrebbe domandarsi: “forse sto impazzendo?” e rispondere, “no, non è possibile”, a quel punto potrebbe insinuarsi il dubbio: “e se invece fosse vero?”.
Infatti, ogni volta che si tenta di trovare una risposta, a questa si aggiunge il dubbio, che fa sorgere a sua volta un’altra domanda e poi ancora un’altra risposta e un altro dubbio, un’altra domanda, un’altra risposta etc.. generando così un circolo vizioso “infinito”.
Di fronte al dubbio la persona può reagire in diversi modi:
Ma il cercare di dare una risposta razionale ad un dubbio è come aprire una porta, superarne l’ingresso, per poi trovarsi di fronte ad altre due porte con la necessità di sceglierne una. L’apriamo, superiamo la soglia e troviamo di fronte altre quattro, poi otto, poi sedici porte e via dicendo.
Questo perché ogni risposta razionale e logica a un dubbio che non può essere sciolto razionalmente, genera a catena altre domande la cui risposta dà vita ad altrettanti punti interrogativi, alimentando un circolo vizioso senza fine. La conseguenza è il blocco totale della persona nella sua vita quotidiana.
Un dubbio frequente nei giovani uomini, ad esempio, è quello relativo alle tendenze sessuali: «Sono eterosessuale, omosessuale o bisessuale?».
E’ evidente che la risposta a questo dubbio sta nelle sensazioni percepite di fronte a un uomo o di fronte ad una donna e non tanto nei ragionamenti. La trappola si innesca quando, col tentativo di studiare e controllare le reazioni, nello sforzo di capire le sensazioni, si altera ciò che è di per sé spontaneo, alimentando l’incertezza sull’identità sessuale. L’intento di comprendere le naturali tendenze sessuali getta ombre sinistre e alimenta i dubbi. Si tratta di un circolo vizioso tra pensieri e sensazioni che complica il problema invece di risolverlo.
In questo modo la persona cade nella sua stessa trappola! Cercherà allora ulteriori prove sul proprio genere sessuale, sino a mettere in pratica veri e propri esperimenti per verificare l’effetto su di sé. Questa modalità conduce a ulteriori incertezze e confusioni, nella maggioranza dei casi accompagnate da sensi di colpa o di disagio.” (G.Nardone, G. De Santis, Cogito Ergo soffro, Ponte alle Grazie, 2011).
Esiste un altro percorso sofferto intrapreso dalla vittima del dubbio. Ha a che fare con la volontà e lo sforzo di respingere razionalmente pensieri intrusivi che turbano la quiete mentale. In questo caso la lotta è tra il pensiero e il pensare. Attraverso il pensare ragionevolmente si tenta di annullare un pensiero irragionevole o semplicemente scomodo. La saggezza antica però ci insegna, «pensare di non pensarti è già pensarti». Siamo di nuovo di fronte a un paradosso.
Chi non ha sperimentato la frustrazione e il tormento di cancellare dalla mente un ricordo sofferto ottenendo il risultato opposto? E’ il caso di un errore che non ci perdoniamo; quando gli eventi sono andati diversamente da come avremmo voluto; quando ci sentiamo in colpa.
Si tratta di situazioni nelle quali vorremmo cancellare dalla mente i pensieri tormentati che ci affliggono. Più li combattiamo o cerchiamo di distrarci e più ci rimbombano nella testa. Questa tipologia di tormento del pensiero può essere rivolta a ciò che:
La trappola «del pensare di non pensare» può riguardare il passato, il presente e/ o il futuro. Possiamo tormentarci per qualcosa che non possiamo più cambiare poiché è già avvenuto; per qualcosa che stiamo facendo ma della cui realizzazione dubitiamo; per qualcosa che dovremmo fare interrogandoci sui rischi e sui benefici o sulla pianificazione più corretta. Le complicazioni possibili sono pressoché infinite.
Pensare troppo applicando la razionalità ordinaria a fenomeni ben poco razionali e la ricerca di risposte esatte e definitive a dilemmi indecidibili non solo è fallimentare sul piano logico ed empirico, ma provoca anche sofferenza psichica e comportamentale.
Questo disagio della coscienza, che si riflette sulle emozioni e sulle percezioni della realtà , può essere lieve e accettabile, medio e gestibile, anche se con estrema fatica e marcata sofferenza, sino a divenire una delle più atroci forme di psicopatologia.
La terapia breve strategica ha come obiettivo primario quello di creare una specie di cortocircuito nell meccanismo del ragionamento della persona, da essa considerato illusoriamente perfetto. Si guida la persona a fare ciò che viene definito dal pensiero kantiano “non esiste risposta corretta a una domanda scorretta”. In altre parole: non esistono risposte certe a determinate domande.
Lo scopo è di disinnescare il circolo vizioso tra dubbi improponibili e risposte che tentano di scioglierli, sollevando ulteriori quesiti impossibili da sciogliere.
Anche in questi casi la terapia non richiede più di qualche mese. La percentuale di esiti positivi è decisamente alta, oltre l’80%.
Nardone G., Psico – soluzioni, 1998;
Nardone G., Portelli C., Knowing Through Changing, 2005.
Nardone G., De Santis G., Cogito ergo soffro, 2011